Ogni regista che si occupi di sport, prima di iniziare le riprese
di qualunque avvenimento, deve elaborare e presentare un camera plan. Il
camera plan assume poi un particolare rilievo in occasione del grande
evento, per la produzione innanzitutto, e per la valutazione preventiva
e l’esito stesso dell’evento televisivo. Nell’anno che precedette il
Mondiale di Italia ’90, i registi Rai fecero varie ipotesi di camera
plan della partita, sperimentandoli sul campo. Solo dopo quella ricerca
formulammo un camera plan ufficiale che abbiamo discusso nel seminario
che la Rai organizzò a Verona nel 1989 (vedi in questa sezione:
Flashback on the 1990 Football Cup).
Poiché avete già alcune nozioni sulla “semiologia elementare del
calcio” e sulla forma “algoritmica” delle riprese, darò per scontate
queste premesse. (Chi vuole può fare riferimento all’articolo
La partita immaginaria
in questa stessa sezione). Allo stesso modo, poiché non siete
immediatamente destinati a funzioni operative, terrò da parte gli
aspetti tecnici e produttivi della ripresa. Mi limiterò a rispondere
alla vostra domanda su come si posizionano le telecamere in campo.
Tutti sanno intuitivamente cos’è il camera plan, il piano camere.
Devo però dirvi che la disposizione delle camere in campo dipende da
molti fattori, non escluse le caratteristiche dello stadio. Vale qui,
purtroppo, come in tutte le situazioni dello sport in diretta, il
principio realistico che “le camere si mettono dove è possibile e
non dove si vorrebbe”. I registi dello sport, nella loro attività,
si trovano spesso di fronte ai problemi della inadeguatezza degli
impianti sportivi (che apre poi lo spinoso capitolo della loro
architettura) e “subiscono” molte limitazioni.
A questa prima
condizione – le possibilità dell’impianto sportivo - bisogna aggiungerne
una seconda: la dimensione del dispositivo di ripresa e di
registrazione. Di quale budget e quindi di quante camere e replay e di
quali camere si può disporre?
Quindi solo in terza battuta
possiamo discutere di come formulare il camera plan della partita,
tenendo conto sia dell’impianto sportivo, sia del numero delle
telecamere. E finalmente entrano pienamente in gioco i registi e i
problemi di regia!
Dati per acquisiti la dimensione dell’impianto
tecnico e le possibilità offerte da quello sportivo, con quali criteri
il regista elabora il camera plan della partita?
Quando si
posizionano le camere il regista sa già a cosa servono e perché sono
messe in quel punto (e con quell’ottica). Egli ha già un’idea
complessiva di realizzazione della partita, nei suoi fondamentali e
nelle sue situazioni specifiche. Sa di quali inquadrature ha bisogno.
Inoltre, senza addentrarci in questioni “grammaticali”, egli fa
riferimento alle regole televisive della corretta visualizzazione in
diretta (campi, controcampi, salti di campo) e alla migliore possibilità
di specificare l’azione con i replay.
Il lavoro va quindi svolto
contemporaneamente sui due fronti. Non si può fare un camera plan
senza sapere a cosa servono le camere (quindi senza formulare un
camera discipline) e viceversa: non si può pensare ad un camera
discipline senza sapere dove sono le camere e quali possibilità offrono.
Un camera plan che non risponda al ruolo affidato ad ogni camera
impedirebbe di coprire alcune fasi della partita o alcuni protagonisti
del gioco; un camera discipline realizzato con camere in posizioni non
adeguate produrrebbe una partita con punti di vista sbagliati o, quelle
camere, non potrebbero svolgere le funzioni a loro affidate.
Facciamo ora esempi concreti. Percorriamo un iter, partendo da un numero
minimo di camere e implementando la dotazione fino ad arrivare una
partita media, di routine:
- partiamo con l’impianto minimo di due sole camere: avrò a
disposizione il totale e il campo stretto (dis.1). Questo significa
che in partita potrò garantire l’inquadratura della manovra di gioco
(1), quella del “tackle, dribbling and short pass” (2) e – a palla
ferma – quella di un solo protagonista dell’azione di gioco (2);
- se avessi una 3° camera (dis.2), potrei contare sulla
manovra di gioco (1), sul “tackle, dribbling and short pass”
di due giocatori in totalino (2) e sul dettaglio dello stesso “tackle
e dribbling” (3); a palla ferma coglierò – a scelta - due dei
tre protagonisti del gioco (2 e 3, mentre il totale (1) resta fermo.
Ricorderete che la semiologia del calcio prevede, per ogni azione,
l’attaccante, il difensore e l’arbitro (chi ha fatto, chi ha subìto
e chi decide): qui manca il terzo (che di solito è l’arbitro).
Guardate ora cosa succede con la 4° camera (dis.3):
- ho ancora un “buco” da riempire, quello del terzo
protagonista dell’azione; ciò nonostante potrei preferire di
rivedere l’azione (in replay) da un altro punto di vista, per
esempio da una camera posizionata alta in curva dietro una delle
porte (4). Facendo questa scelta, arricchisco la visione della
manovra di gioco ma resto in difficoltà per l’inquadratura del terzo
protagonista a palla ferma (che posso però sempre recuperare – un
po’ fortunosamente - con la stessa camera 4);
- ma con quattro camere si danno anche altre configurazioni: per
es. posso collocarne due sul terreno di gioco all’altezza dei 20
metri (dis.4). In questo modo esalto, in diretta e in replay,
l’azione in area (3 e 4) e – a palla ferma, anche se in modo
“scomodo” – posso avere le inquadrature dei tre protagonisti (2, 3,
4);
- nulla esclude di collocare queste due camere a lato delle
due porte (dis.5): otterrei la ripetizione dell’azione di gioco in
area e – forse – il suo protagonista (3 o 4); avrei il
“deuteragonista” (i greci chiamavano così il secondo attore) con il
campo stretto dall’alto (2); mancherei però l’obbiettivo del terzo
che, di solito, è l’arbitro (metti che annulla il gol e tu sei sul
goleador e il portiere!?)
Continuiamo la costruzione del nostro puzzle con una 5° camera
(dis.6):
- di solito qui arriva un ordine a cui non si sfugge: con
cinque camere, due devono garantire il fuori gioco e vanno quindi
collocate alte in tribuna all’altezza dei 16m (4 e 5). E’ un
interesse, legittimo, di una logica prevalentemente giornalistica,
con la quale si guadagna la posizione del fuori gioco e – in replay
– la manovra di gioco prima del tiro. Ma, ahimè, non risolviamo il
problema del terzo protagonista (se non usando le camere 4 e 5 con
il grave rischio – quasi certezza - di perdere il fuori gioco).
Arriva una 6° camera! E’ forse a questo punto che scatta un
meccanismo che si ripeterà per tutte le successive: per una serie di
considerazioni (qualcuna ne farò) ci si dimentica del problema iniziale
del terzo protagonista e lo si abbandona (non ce la siamo cavata fino ad
ora!). La sesta camera si presta a due o tre utilizzazioni:
- ci sono cinque camere sul fronte principale, non è il caso
di mettere la sesta alta in curva dietro la porta (dis.7)?
Recupererei l’azione sull’asse longitudinale del campo e, anche se
impropriamente, il terzo protagonista (6);
- le panchine sono sguarnite: non è il caso di posizionare
tra le panchine una camera a spalla (che peraltro ci sarà utile per
l’ingresso e l’uscita dal campo, il cerimoniale, i cambi dei
giocatori e le interviste)? (dis.8)
- potremmo oppure collocare la sesta sul terreno di gioco in
posizione reverse, sull’altro lato del campo (dis.9): potrebbe
fornire l’azione in replay e l’attività sulle panchine (non i
protagonisti del gioco, che sarebbero in controcampo).
Con la 7° camera, prendendo per buona la sesta in curva, risolveremmo
una delle opzioni tra camera a spalla tra le panchine e camera in
reverse: forse sarebbe meglio posizionarla tra le panchine (dis.10), per
le già dette esigenze di produzione (ingresso in campo e interviste). Se
non ci fossero, andrebbe in reverse (dis.11).
Arriviamo all’8° camera e io a questo punto risolverei il problema
strutturale della terza camera in tribuna (dis.12). Non per una
questione “teorica”, bensì per gli evidenti vantaggi che vi illustrerò
parlando del camera discipline. Non vi stupisca questa concentrazione di
camere sull’asse centrale (1, 2, 3 e 8), rispetto alla sola camera
sull’asse longitudinale del campo (6) e alla camera (multifunzione) per
la panchina (7) o a quella reverse (7). I criteri per il posizionamento
delle camere sono solo parzialmente quelli della loro distribuzione
“omogenea” sul campo. Non si tratta di condire gli spaghetti con una
spolverata “omogenea” di parmigiano! Il criterio più importante è quello
che dà risposta alle situazioni di gioco ed è del tutto evidente che gli
algoritmi del calcio reclamano il totale e il campo stretto per l’azione
e tre inquadrature per i protagonisti dell’azione quando questa si
interrompe. Questa è la mia scelta e formulerei così il mio “camera
plan” con otto camere. Se ci fossero problemi di ingresso giocatori,
presentazioni o interviste, chiederei al cameraman della 7 di utilizzare
una camera a spalla (9) per il pre e post partita (dis.13).
Da questo momento – o almeno dopo la prossima - io considero coperte
al minimo le situazioni principali della partita. Tutte le altre camere,
fino al numero attuale di una trentina per Mondiali o finali di
Champions League, sono importanti e preziose camere di arricchimento.
Con la augurabile 9° camera recupererei l’esigenza dell’ingresso
e presentazione squadre nonché quella delle interviste post partita.
Durante la partita la camera può posizionarsi dietro la porta (dis.14).
Se finisse qui il nostro budget, pregherei il produttore di concedermi
una 10° camera fissa (non presidiata da alcun cameraman) che possa
offrire una inquadratura in totale dello stadio (si chiama beauty shot)
per contestualizzare l’evento (dis.15).
In difesa della 4° camera sull’asse centrale (oggi è la
3° camera in tribuna).
Quello che ho descritto
è la mia impostazione dal 1988 (il camera plan del Mondiale di Italia
’90, di cui sono stato coordinatore di regia, prevedeva quattro camere
sull’asse centrale, due in tribuna e due sul terreno di gioco a centro
campo). Ciò nonostante, oggi (2011), mi trovo ad affrontare lo stesso
problema nelle partite di Campionato. Allora, prima di descrivere
sommariamente le camere di arricchimento, ritorno con uno sguardo
complessivo all’ impianto. Abbiamo già detto che non tutti avrebbero
fatto queste scelte. Abbiamo visto che, già con quattro camere, si danno
opzioni diverse. Anche in altri Paesi europei, dove pure con vari
artifici si garantiscono i tre protagonisti dell’azione di gioco, non
sempre si posizionano quattro camere sull’asse centrale (un totale e tre
protagonisti). Per quali ragioni? Credo di conoscerne un paio: una,
diciamo così, “storica” e una teorica.
E’ nella esperienza di
tutti i registi che si comincia con poche camere e man mano si
arricchisce l’impianto di ripresa. Abbiamo visto che, inizialmente, la
carenza di camere non permette di posizionarne quattro sull’asse
centrale e, successivamente, ci si “dimentica” di quella dell’arbitro
per acquisire altre importanti coperture (il fuori gioco, l’asse
longitudinale, le panchine). E’ a questo punto che l’impianto diventa un
dato e un’abitudine acquisita. Io considero “negativamente storica”
non solo l’abitudine acquisita, bensì anche la copiatura delle
esperienze fatte, quando esse non vengano riflettute da un punto di
vista teorico. Una cosa è l’elaborazione di un camera plan che proviene
da una ricerca e un ragionamento e tutt’altra è quella prodotta dalla
stratificazione supina delle esperienze altrui (come purtroppo è
avvenuto in questi vent’anni, in assenza di una qualsivoglia riflessione
seminarile sul linguaggio e le esigenze del calcio in tv).
Considerate inoltre che, nel frattempo, è diventata “storica” la perdita
di ruolo del regista. Con l’avanzare della serialità, è diventato
determinante il ruolo del produttore, che fa sempre riferimento allo
standard precedente e noto, piuttosto che ad una riflessione teorica e
una ricerca sul campo. La standardizzazione è essenziale di fronte al
gigantismo della produzione “industriale” delle partite: come si
potrebbe realizzare un Campionato Nazionale (o anche un Mondiale di
calcio) se non unificando gli impianti di ripresa? Ma perché non si
sottopone ad esame e ci si affida a quello noto e abituale? Che fanno i
registi?
Vediamo quali sono le conseguenze concrete di questa
“disattenzione”. Cosa comporta ignorare il dato di base che, a palla
ferma, il regista deve controllare almeno tre protagonisti del gioco? In
regia succede che:
- ogni 90”/120” circa, quando la palla si ferma, si pone il
problema di quale dei tre protagonisti inquadrare con le due sole
camere “corrette” a disposizione; se ne perderà uno (e di solito è
l’arbitro).
- oppure se ne lascia la scelta al cameraman (giocatore o
arbitro?) con inevitabili errori
- oppure si decide al momento, con un ordine di regia che
sconvolgerà il normale ruolo di una delle camere
- oppure, come normalmente avviene, si recupera
l’arbitro con una camera impropria, quella alta in curva (se non
addirittura quella in controcampo) sconvolgendo di nuovo il “camera
discipline”.
E’ del tutto ovvio che, un piccolo problema che si presenta ogni
uno o due minuti, è in effetti un grosso problema. Un assillo costante,
provocato da un disordine di fondo, a sua volta provocato da una carenza
di teoria. (Ci sono altre conseguenze nella ripresa
dell’azione di gioco ma ne parlerò in sede di camera discipline).
Una partita più ricca
Siamo arrivati ad
una decina di camere ma potremmo continuare fino ad una trentina (quante
attualmente se ne prevedono per un Mondiale o una finale di Champions).
Questa seconda tipologia di produzione – quella della partita di
cartello o del grande evento - è interessante da molti punti di vista.
Serve a capire quali parti del campo di gioco offrono visuali
inconsuete, se non più corrette del fronte centrale; quali aree è più
vantaggioso coprire; quali aspetti della partita e del comportamento dei
giocatori sono visualizzabili (senza perdere il senso di continuità del
gioco). Ne va della possibilità stessa della ricerca e dello sviluppo
del prodotto calcio televisivo. Inoltre, l’aumento del numero delle
telecamere introduce inevitabilmente una diversificazione della loro
tipologia e di quella dei replay. Si dovrà parlare di riprese in
movimento (dal semplice crane, alla steadycam, alla skycam) e di sistemi
di registrazione sofisticati (che vanno dalle comuni BLT, EVS, Super
slomo, ai server). Sono problematiche che esulano dal livello del nostro
corso.
Non chiudo però qui questa lezione. Voglio ugualmente
accennare alle “altre camere”, non senza farvi capire che da questo
momento, trattandosi soprattutto di camere non essenziali, la
discrezionalità della scelta è sovrana. Dirò quindi che – da questo
momento – si possono fare queste o quelle scelte con piena legittimità,
guadagnando qualcosa al posto di qualcos’altro.
Dunque, essendo
ben coperto il fronte centrale, il sistema si ripresa potrà svilupparsi
sull’asse longitudinale, dove abbiamo già una camera alta in una delle
curve, a coprire le azioni nell’una e nell’altra area di porta. E’
possibile implementare il sistema di ripresa con altre due telecamere
dietro le due porte, una bassa e una alta (dis.16). Le camere basse
lavoreranno solo per la propria porta, ma ogni azione in area e tiro in
porta sarà suggestivamente documentato. Da questo momento segnerò con
una crocetta la posizione delle nuove camere e con bollino quando esse
siano state acquisite dall’impianto. Essendo spesso alternative le une
alle altre, non ha più senso aggiungere o togliere numeri.
Allo stesso modo, è molto intrigante accompagnare l’azione ai 20 mt
con due steadycam (attenzione: quella di destra sarà disturbata dal
guardalinee) e girare intorno al giocatore che si appresta al tiro dal
corner. La vicinanza della camera al giocatore farà credere allo
spettatore televisivo di essere ai bordi del campo! (dis.17).
Operando un’altra scelta, si possono sostituire (o anche aggiungere) a
queste telecamere in movimento, due camere con ottica lunga, all’altezza
dei corner, alzate su supporti chiamati hilo che consentono una estrema
manovrabilità della camera. (dis.18)
Abbiamo arricchito i fronti laterali destro e sinistro ma è possibile
portare camere anche su quello opposto, a patto di non usarle in diretta
per non produrre uno scavalcamento di campo (eccetto che in rarissimi
casi; per.es. lo fa già la camera esistente per il cambio dei giocatori
e la descrizione delle panchine). A cosa servono? A chiarire, in replay,
il fallo e l’azione su quella fascia, molto meglio delle camere sul
fronte principale. (dis.19)
Alcuni recenti camera plan introducono
camere alte nella tribuna opposta alla principale (dis.20) per vedere
l’azione o per seguire uno specifico giocatore (camera player) o – con
un ragionamento mirato – per coprire tutto quanto avviene in campo al di
fuori dell’azione di gioco. E’ una considerazione, questa, che vale la
pena di fare. Normalmente, la ripresa televisiva mostra solo quanto
avviene intorno alla palla e in direzione del gioco: e il resto?
L’incidente del singolo o lo scontro tra due giocatori che non siano
nell’area di gioco?
Allo stesso modo (e con le stesse regole) è possibile “illuminare”
meglio l’area di gioco tra il corner e il secondo palo delle porte
(considerando che sul primo siamo già serviti da due hilo), sempre
utilizzando queste camere in differita con il replay (dis.21).
In un
Campionato europeo (2008) si è pensato di delegare i falli a quattro
camere lungofocali collocate ai quattro angoli del campo, consegnate
direttamente ai replaisti e sottratte alla messa in onda in diretta
(dis.22).
Un’area che giustamente viene considerata della massima importanza è
quella di porta, non solo per vedere come si sviluppa l’azione a ridosso
del portiere, ma – importantissimo - per capire se la palla “ha superato
interamente la linea di porta”. Si usano a questo scopo, camere su
bazooka dietro le porte oppure micro-camere tra le maglie della rete e –
per palla dentro o palla fuori – le famose goal-line, telecamere fisse
poste in tribuna in asse perfetto con i due pali. (dis.23).
Ci siamo occupati finora solo di quanto accade sul terreno di gioco,
ignorando il pubblico, nelle sue manifestazioni collettive e nelle
reazioni individuali: bisogna invece considerare che facce ed
espressioni hanno fatto il cinema! Come vedete il campo è stato
circondato da telecamere e non abbiamo ancora parlato della camera
volante, la sky-cam, che si muove sopra tutta l’area di gioco e le
tribune, ancorata a cavi tesi dai quattro angoli delle coperture dello
stadio. E – con una trentina di telecamere - siamo ancora all’interno
dello stadio. Già nel Mondiale italiano del 1990, l’impianto sportivo
veniva visto nel contesto della città da camere remote e oggi i pullman
dei giocatori vengono seguiti, con le camere wescam portate dagli
elicotteri, dall’albergo allo stadio e poi da camere mobili all’interno
dello stadio fino agli spogliatoi e al campo. E dopo la partita, la
festa viene ripresa nelle piazze. Quante saranno le telecamere? Con il
dis.24 vedete solo quelle in campo, ma ce ne possono essere altre dentro
lo stadio e molte altre fuori dallo stadio.
Devo però fare una ultima breve considerazione, che approfondiremo
quando si parlerà della operatività in regia. Le scienze che si
occupano dei “sistemi” insegnano che quanto più un sistema è semplice
tanto più è solido, quanto più è ricco e complesso tanto più è fragile.
Voglio dire che l’esuberanza dei mezzi tecnici va comunque riportata a
semplicità di gestione: se ho due camere su un fallo non ho difficoltà a
chiedere il replay migliore; se le camere diventano otto devo prevedere
un sistema di scelte tra otto replay, qualcuno che le faccia, uno che
coordini gli altri. Allo stesso modo, non potrò controllare trenta
camere se non tramite un “sistema di controllo”: decentrandone alcune e
gestendo le rimanenti. I processi decisionali e la stessa impostazione
della regia – come luogo fisico, come operatività, come filosofia -
cambiano completamente.
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