Qualcuno ricorderà come uno dei temi favoriti delle teoriche del
film (mezzo secolo fa…) fosse il rapporto tra il “tempo reale” e il
“tempo cinematografico”: l’avventura di Ulisse, una volta portata al
cinema, non poteva certamente durare dieci anni!
Nel caso delle recenti Olimpiadi Invernali, che si sono svolte in
Piemonte dall’8 al 26 febbraio, tema più interessante mi sembrerebbe
essere “spazio reale-spazio televisivo”. “Spazio” non “tempo”, essendo
questo – il tempo - dettato dalle regole delle competizioni e dalla
performance degli atleti (nonché dal tempo propriamente meteorologico) e
quasi mai dalle intenzioni del regista.
In concreto, il tema potrebbe essere posto così: come si trasforma
uno spazio reale in impianto sportivo e, poi, in uno spazio televisivo
(o, meglio, tele-audiovisivo) capace di rispondere alle esigenze di una
Olimpiade?
Ecco
lo “spazio reale” in una bella foto panoramica del costone della
montagna innevata del Sestrière, dove una mano impertinente ha già
tracciato la serpentina rossa della Discesa di Borgo e quelle,
rispettivamente nera e blu, dello Slalom e del Gigante di Colle.
Questi segni sono il primo intervento dell’uomo sullo spazio reale
della natura, a monte Banchetta e monte Sises e Alette, già ispirato ai
criteri tecnici delle discipline.
Le piste non sono un tracciato naturale: interpretando le
altimetrie, bisognerà modificarne alcune parti per renderlo adatto alla
singola specialità. (fig.2). Per cui, la Discesa Libera si svolge in una
pista di circa 3,2 Km, con un dislivello di 914 m.; per il Gigante la
pista misura 1.6 Km e conta circa 50 porte; per lo Speciale bastano 750
m. utilizzati in due manche con circa 50/70 porte ciascuna.
La pista è stata modellata per la gara, secondo le norme dei
regolamenti internazionali. Ad essa si collegano gli impianti di
risalita e si prepara ogni d’estate per la stagione invernale. Si
aspetta l’innevamento naturale o si produce neve artificiale con i
cannoni posti lungo la pista o addirittura si trasporta la neve dove
serve. Accumulata la quantità di manto sufficiente, di notte la pista
viene battuta, lisciata e bagnata per renderla più compatta.
Per passare all’agonismo, bisogna avvalersi una organizzazione
tecnica composta da uno staff di specialisti, che si occupa – tra
l’altro - del montaggio delle reti di sicurezza.
Infine
le piste pronte vengono aperte agli atleti di tutto il mondo e al
pubblico degli appassionati. Per le Olimpiadi, sono state realizzate al
Sestrière imponenti tribune provvisorie per consentire ad un pubblico di
9.000 persone di poter assistere alle gare di Discesa e a 10.000 alle
gare di Slalom e Gigante (Planimetria in figura).
Ma tutto questo non fa ancora uno spettacolo televisivo. Per
tradurre la gara olimpica in immagini commentate e offrire allo
spettatore lontano la cronaca dei fatti sportivi e la loro carica di
emozione, il cammino è ancora lungo, si svolge negli anni e con
innumerevoli prove. Quel luogo “naturale” modificato in “impianto
sportivo”per le esigenze della gara e del suo pubblico, va ancora
modificato e preparato alle esigenze della vorace televisione olimpica.
E volutamente ignoro qui i problemi lontani: quelli logistici, di
trasporti e parcheggi; quelli di ospitalità e di sicurezza, per
attenermi solo a quelli propriamente televisivi, con particolare
riferimento a quelli che toccano la mia più vicina competenza.
Al Sestrière, come in ogni altro sito di gara, oltre alle aree
destinate alle Federazioni, agli atleti, agli organizzatori, grande
attenzione è stata riservata agli spazi per i media: dalle sale stampa
per i circa 350 giornalisti accreditati, a quelli per televisioni che
hanno realizzato l’evento destinandolo a tutto il mondo.
Le esigenze delle televisioni sono state raccolte in un grande
compound, che ospita i pullman di ripresa della Televisione Olimpica e
dei Broadcaster che hanno personalizzato le riprese. A questi OBvan (Outside
Broadcaster van, pullman di riprese esterne) arrivavano i cavidotti per
i fasci delle fibre ottiche che hanno percorso la costa della montagna,
collegando ogni telecamera ed ogni microfono, come se fossimo in uno
stadio o in un palazzetto dello sport e non in alta montagna! (Provate a
quantificare i chilometri di cavi …!).
Ai margini delle pista, ogni telecamera è stata collocata in uno
spazio attrezzato, che va dalla semplice pedana per l’operatore con la
camera a spalla (hand camera), all’ampia e robusta piattaforma in grado
di sopportare un braccio meccanico in movimento (crane), fino alle torri
layer (trabattelli) di altezza variabile dai due ai dieci metri, tutti
forniti di energia elettrica.
Allo stesso modo, cinquanta postazioni cronaca sono state
installate (coperte e riscaldate) sui gradini più alti della tribuna: al
telecronista si offre un imponente colpo d’occhio naturale ma, per
raggiungere il pubblico televisivo, deve poter commentare le immagini
che gli offrono il monitor, con i tempi e le classifiche del servizio di
cronometraggio e informatica. Altre aree di lavoro sono state allestite
poi per gli studi televisivi, le redazioni, le sale di montaggio; le
aree di sosta per il personale sono state previste al riparo dalle
intemperie e fornite di catering.
Il regista, che ha visto lavorare i tecnici e gli organizzatori
già da due anni, vede il posto così modificato come fosse un gigantesco
studio televisivo dove raccontare una storia che si svolge in plein air
o – di notte - illuminata dalle luci artificiali. In effetti, nuovissimi
fari garantiscono un illuminamento fino a 1400 lux per consentire lo
Slalom Speciale in notturna, come fossimo in uno studio televisivo.
Per
la copertura di Sestrière Colle, di cui mi sono occupato con lo Slalom
Speciale e il Gigante, sono state previste 21 telecamere per la pista
corta (in figura) e 22 per la lunga. Le tecnologie di ripresa speciali (crane,
polecam, microcamere, elicottero) sono state approntate direttamente dal
Tobo (la televisione olimpica); tutte le altre da RAI. Sfortunatamente,
per motivi di sicurezza, non è stato possibile installare una Sky-cam,
che avrebbe accompagnato gli atleti a volo d’uccello per buona parte
della pista dello Speciale.
Il regista di una disciplina olimpica non risponde al proprio
criterio di regia ma a quello delle Olimpiadi. Una cifra stilistica
tutt’altro che personale, che obbedisce ad una sola linea realizzativa,
che produce (possibilmente) una sola regia finale, qualunque sia il sito
o la disciplina. In queste occasioni, si attua una sola linea
produttiva, con gli stessi allestimenti di addobbo per il look della
pista, l’uniformità della copertura, le identiche modalità di ripresa,
con uguali scalette di apertura e chiusura e la supervisione al
programma affidata ad una sola voce.
Il regista non sente le procedura come una gabbia; sa di avere
ampi spazi espressivi, pure all’interno di una sola filosofia. Io, prima
di cominciare, per molto tempo ho immaginato la ripresa e ne ho
ascoltato i suoni.
Al cancelletto di partenza, ho visto il primo piano dell’atleta,
mentre emergono i fiati dell’ossigenazione, il dettaglio della mano
stretta al bastoncino, la battuta degli sci sulla neve, il bip bip del
count down e l’urlo per gettarsi verso valle. Lungo la discesa, gli sci
sono esaltati dal fruscio delle lamine e l’azione dai colpi sui pali
delle porte. Ho preso il posto dell’atleta solo nel vento, con la sua
determinazione a limare ogni curva e ad imprimere velocità, fino a
infrangere la barriera finale di un tempo invisibile. Forse non ha
sentito l’incitamento dei fans a lato della pista e, tagliato il
traguardo, solo ora riemerge dalla sua solitudine nel caldo applauso
delle tribune.
Sensazioni di regia, ancora da mettere in ordine. E’ la
ricostruzione audiovisiva di un nuovo spazio e una nuova sonorità. Col
suono, quello spazio reale che le immagini avevano compresso nella,
bidimensionalità, riacquistano volume e profondità.
Adesso siamo pronti. Le Olimpiadi sono partite, la televisione e i
satelliti le portano in tutto il mondo, gara dopo gara, dando merito al
lavoro di tutti.
Fino a quando… con una tempesta, un’imponente muro di nebbia, la
montagna sconvolge i piani degli organizzatori, infrange la
determinazione degli atleti e l’attesa del pubblico, impone le proprie
decisioni alla giuria: la gara è sospesa e rimandata. La natura piegata
si rialza e prende la sua rivincita.
Giancarlo Tomassetti
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