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Nella storia, soprattutto recente, della ripresa
televisiva della partita di calcio c’è una evidente evoluzione dalla pura
cronaca dell’evento allo spettacolo televisivo.
La cronaca della partita non
potrebbe essere falsata dalle esigenze dello spettacolo?
Certamente
si. Questo, non solo potrebbe avvenire, ma avviene già in alcuni momenti della
ripresa di molte partite di calcio. Per essere chiaro: avviene ogni volta che
l’esigenza spettacolare oscura o falsifica l’informazione.
Ma
il problema del rapporto tra cronaca e spettacolo nella ripresa di attualità è certamente
più complesso. Come regista, lo farò con strumenti culturali “poveri”, ma ancorandomi saldamente
alla mia esperienza diretta.
Devo
innanzitutto ribadire che la ripresa
televisiva e’ sempre una interpretazione della
partita, almeno per due motivi: la realtà visiva, quella che appare e
che è l’unica di cui io posso occuparmi (la realtà fenomenologia, non quella
ontologica), è tradotta e riproposta
con l’ uso di strumenti tecnici. Anzi, è il risultato dei limiti di questi
strumenti: la riduzione a 625 righe, un
formato televisivo di 4 per 3, le deformazioni degli obiettivi,
l’interpretazione dei colori e della luminosità, la costruzione dei suoni, ecc. ecc.
Inoltre, il regista, il cameramen, il
replaysta, il commentatore, lavorano operando costantemente delle scelte, lavorano
per sottrazione dall’intero universo possibile: il risultato finale è frutto della loro interpretazione.
Con
questo non ho detto che la telecronaca della partita è “necessariamente”
falsa, ma solo che è “obbligatoriamente” una interpretazione.
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Quale e’ allora il rapporto tra cronaca e spettacolo
nella partita televisiva?
In che modo la ripresa di un
fatto d’attualità diventa spettacolo?
Il
rapporto o le differenze tra “cronaca della partita” e “spettacolo della
partita” non sono sufficientemente chiare né indagate. Il termine spettacolo
viene da spectare, vedere; quindi il calcio è già spettacolo e non a caso si
parla di spettacolo del calcio (come si parla di un paesaggio o di un incidente
spettacolare).
Di
questo evento (spettacolare) la ripresa televisiva può fare mera cronaca o
può conferire forma spettacolare, con gli strumenti propri della televisione.
Quali
sono? Dalla cabina di regia, il mio punto di osservazione è – nello stesso
tempo – privilegiato e assolutamente limitato. Ma costruendo e coniugando
immagini tra loro, interpretando la realtà visiva dell’evento e traducendola
in racconto per immagini, alcuni processi di spettacolarizzazione mi sono del
tutto evidenti.
Partiamo
dalle immagini, che sono le lettere dell’ alfabeto televisivo.
Innanzitutto
c’è una componente di denotazione e di
connotazione nella costruzione della singola inquadratura: la mezza figura
dell’allenatore per l’intervista di rito, realizzata con telecamera ad altezza
d’ uomo, ha una valenza del tutto diversa da quella della inquadratura
realizzata dal basso verso l’alto, con telecamera appoggiata a terra, che lo
staglia contro le luci di San Siro. Due modi diversi di realizzare immagini che
possono essere estesi all’intera partita. In linea generale (e senza farne
assolutamente una regola) a me sembra che: più le telecamere sono basse, vicine al soggetto e usate in campo
stretto, più danno emozioni e fanno spettacolo; più sono alte, distanti dal
campo e in totale e più offrono informazioni.
In sintesi: lo schema di gioco si “legge” sul
totale dall’alto; il campo stretto dei
giocatori in contesa sulla palla offre l’emozione del loro coinvolgimento nel
gioco.
Un
secondo livello di spettacolarizzazione attiene alla unicità o alla
molteplicità dei punti di vista nella
ripresa della partita. La possibilità di seguire il gioco staccando tra più
telecamere, è un fondamentale elemento di spettacolarizzazione offerto dal linguaggio televisivo. Lo
spettatore, anche seduto in tribuna centrale, non avrà mai la possibilità di
seguire il gioco da dove si vede meglio.
Ma
non solo la possibilità di far intervenire più telecamere, anche il modo di accostare le diverse
immagini le une alle altre, il “montaggio” delle inquadrature
provenienti dalle diverse camere, va considerato come più vicino ai modi della
cronaca o a quelli dello spettacolo.
Il passaggio dal totale di gioco, alla figura
intera dei giocatori in tackle, al primo piano del giocatore che ha subito il
fallo, al particolare delle mani che stringono la caviglia, e’ un procedimento
quasi “naturale”, che riproduce con stacchi successivi l’attenzione dello
spettatore in tribuna a focalizzare la fase di gioco.
Il
procedimento è tipico della televisione degli inizi, che tenta di imitare la situazione
dello spettatore allo stadio.
Al
contrario, il passaggio dal totale dell’Olimpico al primissimo piano di
Trapattoni è certamente una costruzione tecnica del linguaggio televisivo,
molto più vicina ad un effetto spettacolare che non alla cronaca di un fatto.
Molte
volte, durante la partita, si alternano totali e campi stretti a soli fini di
spettacolo. Lo trovo interessante oltre che corretto. Ma se il campo stretto
del giocatore che porta palla mi impedisce di vedere il posizionamento della
squadra, non ho falsato la realtà, l’ho semplicemente oscurata: lo spettacolo
ha preso il posto dell’informazione.
Metterei
ad un terzo livello la costruzione televisiva del racconto, con l’uso di tutti
gli strumenti (e, qualche volta, gli espedienti) della pura fiction televisiva, partendo
dai replay e i rallenty. La rottura della equivalenza tempo reale/tempo
televisivo (che sembrava essere il fondamento stesso della diretta) è oggi una
convenzione accettata e direi
insostituibile del fare televisione d’attualità’. Ma il replay può
essere usato per chiarire un’azione già vista utilizzando una diversa
telecamera, oppure per enfatizzare il gol in
una ripetizione infinita, impedendomi di vedere cosa succede in campo.
Inoltre,
può essere utilizzato per mostrare in differita una reazione ad una azione
già vista (il disappunto dell’allenatore per un gol mancato): ma cosa succede
se la reazione viene decontestualizzata dall’azione e usata (sembrerebbe
innocuamente) per se stessa o – in effetti – riferita ad un’altra circostanza
, per esempio l’ammonizione di un proprio giocatore? Questa
“spettacolarizzazione” è pura falsificazione della realtà, l’equivalente di
un fotomontaggio.
Ma
non si tratta solo dell’uso dei replay.
Molte volte, nell’accentuazione di un tema (attaccante-difensore), di un
personaggio (un allenatore, Ronaldo, un arbitro), di una situazione (la
ripetizione esasperata di un gol), si
tende a trasformare lo stadio in uno
studio televisivo, con i suoi personaggi, i suoi attori, in mano ad un abile
sceneggiatore, capace di mutuare dalla realtà pretesti per un suo personale
film. E’ significativo che, nell’attualità’ sportiva, sia sempre più frequente
l’uso di clip e di high lights, mentre si stanno sperimentando sottofondi
musicali in piena telecronaca.
Un
altro processo di spettacolarizzazione si produce sull’asse temporale della
ripresa; esattamente sul ritmo della ripresa.
Una partita lenta, la “melina” di gioco, il cosiddetto “tempo morto”
(che spesso è tutt’altro che morto, anzi è affatto voluto e fa parte del gioco) viene spesso
interpretato con una frequenza di stacchi che alterna freneticamente totali,
campi stretti e primi piani, quasi che il ritmo della ripresa possa alleggerire
la lentezza del gioco. Ho condotto anni fa un piccolo esperimento per capire se
il ritmo della ripresa potesse influire sulla sensazione che lo spettatore ha
del ritmo della partita. Il risultato fu che la regia, moltiplicando le
inquadrature, offriva maggiori o minori informazioni, ma nello spettatore non
cambiava la sensazione della lentezza della partita.
I ritmi frenetici di inquadrature non
necessarie sono artifici spettacolari: tentativi di enfatizzare ad ogni costo
una partita lenta. Una sorta di dovere d’ufficio (se non l’esibizione delle
mere capacità tecniche del regista).
Infine
vorrei accennare alla contestualizzazione dell’evento partita nel palinsesto televisivo. Non
più di venti
anni fa, era la Signorina Buonasera ad annunciare la diretta della partita e
l’apertura sul campo era, al massimo, preceduta
dalla sigla Eurovisione. Con la stessa sigla si chiudeva la trasmissione allo
scadere del novantesimo minuto.
Oggi
il palinsesto televisivo è costruito intorno alla partita e una regia di
integrazione personalizza la partita stessa. Il pre-partita crea l’aspettativa
spettacolare con le dichiarazioni dei protagonisti, gli allenamenti, i
precedenti tra le due squadre, l’arrivo dei tifosi e dei giocatori allo stadio;
la partita (quando e’ confezionata da altri)
viene integrata da immagini del
proprio pubblico, delle proprie panchine, del proprio allenatore; le azioni
possono essere riviste da propri replay e da camere dedicate; il post-partita
è una spettacolare play-analysis, in cui ogni azione viene rivissuta dagli
stessi protagonisti, tradotta in immagini virtuali, riesaminata con nuove
immagini.
Compaiono
statistiche, percentuali, grafici, animazioni, effetti…
Altro
che cronaca! Ce n’e’ abbastanza per uno spettacolo vero e proprio.
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Quindi la spettacolarizzazione e’ un fatto negativo?
Dobbiamo
distinguere. Come abbiamo già visto, la partita televisiva è comunque una
interpretazione della partita allo stadio, esattamente come una foto è una
interpretazione del soggetto fotografato. La foto per il passaporto e’ fatta
per riconoscere il titolare; è quindi funzionale al suo scopo.
Allo
stesso modo, la ripresa televisiva della partita è funzionale alle esigenze
del broadcast che la commissiona o la produce; oppure è funzionale alla
circostanza per cui viene prodotta (un campionato del mondo o una
stracittadina); oppure è funzionale per gli spettatori a cui viene destinata
(gli spettatori italiani, i tifosi della Roma, la città del campione), allo
stesso modo che giornali nazionali e giornali locali, riviste scientifiche e di
cronaca rosa rispondono a diverse e legittime esigenze. Ritengo che lo sfruttamento televisivo di un
avvenimento di cui si siano acquisiti i diritti non possa subire limitazioni
non concordate.
Personalmente
lavoro per una Testata Giornalistica e tendo ad una ripresa di cronaca
giornalistica della partita e assolutamente non di parte. Ma se il mio
committente fosse un produttore di spettacolo (o se la stessa Testata mi
chiedesse una partita spettacolarizzata) ne accentuerei i caratteri di fiction
televisiva.
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Fino a sconvolgerne la cronaca?
Credo
che non sia nell’interesse di nessuno. E’ negativa, come abbiamo visto, la
spettacolarizzazione che oscura o impedisce la cronaca della partita. Sono convinto che la perdita di
credibilità
del racconto televisivo porterebbe alla svalutazione complessiva del prodotto.
Ma in questo caso gli interessi del produttore non coinciderebbero più con
quelli degli spettatori.
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