IL FATTO DI NON AVERLO
(da Pixel - Novembre 2000)

Una ruota si stacca da una macchina e vola sopra le teste degli spettatori presenti a Monza uccidendo uno sfortunato volontario addetto alla sicurezza della pista; le immagini ne mostrano la traiettoria e l’impatto. Ma la ripresa rivela l’origine non broadcast della telecamera e la mano non professionale dell’operatore. Eppure questo è l’unico “segno” chiaro del dramma con cui al primo giro si conclude una parte del Gran Premio.
di Massimiliano Mazzon
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Domenica 10 settembre, ore 17,30…circa.

La trasmissione multilaterale finisce con le interviste ai piloti: Schumacher ha vinto, ma neanche lui riesce a gioirne, anzi a parlarne. Si commuove, abbassa la testa e per una volta non è per far leggere meglio lo sponsor sul cappellino. Più tardi sapremo che la sua era una semplice crisi di nervi, uno sfogo alla tensione accumulata nel week-end.
In regia box, dove mi trovo, si parla a fatica; stride l’accostamento tra la festa sotto il podio e la disperazione degli uomini-sicurezza della CEA. Chi aveva visto le immagini dall’elicottero con il disperato tentativo di rianimazione, aveva intuito quanto fossero gravi le condizioni del vigile del fuoco. Ma si sperava ancora…
Scendo dal pullman, uno dei quattro allineati e necessari per assicurare il programma internazionale: è il ruolo dell’Host Broadcast, in Italia della Rai. Le porte si aprono, i tecnici sono già sparsi per il TV compound (la zona destinata ai mezzi delle televisioni), intenti a smontare un impianto che copre i 5800 metri del tracciato. L’unica porta ancora chiusa è quella  della regia italiana, al lavoro per Pole Position.
Al pullman della regia internazionale incontro gli altri colleghi, Giancarlo Tomassetti in testa, che discutono: anche se l’impressione complessiva è quella di aver fatto un buon lavoro, tutti noi pensiamo a quella ruota…

Fino a quel momento, avevamo già in mente cosa scrivere per Pixel sulle problematiche di ripresa di un Gran Premio; non potevamo sapere che il giorno dopo sarebbe andata in onda quella sequenza amatoriale. Dopo averla vista, ci è venuto naturale cominciare proprio da lì, da quello che sembra un difetto, un “buco” clamoroso in un sistema collaudato. La domanda è spontanea, anche e soprattutto per chi ha fatto parte della produzione di Monza 2000…

PIXEL: Come è possibile che quell’immagine non sia nostra, nonostante le tre telecamere in quel punto. Se si considera poi che la FOA ne aveva altrettante per le sue riprese, non si capisce quali siano i criteri con cui si posizionano le telecamere per la copertura di un Gran Premio.

Tomassetti: Un Gran Premio è fatto da circa un migliaio di inquadrature e , presumibilmente, altrettante se ne “staccano” dalla regia FOA. Duemila immagini che ricadono a pioggia, con diversa intensità, sui rettilinei, le curve e le varianti di un circuito: eppure è un amatore a coglierne una che è la chiave di volta del dramma di Monza: verrebbe da pensare che abbiamo sbagliato qualcosa nell’impianto…
Ripassiamo allora punto per punto il piazzato.
Alla seconda variante ci sono tre telecamere. La prima vede i piloti in uscita dalla Curva Grande e li porta fino alla staccata dell’ingresso della variante, potendo panoramicare fino alla Prima di Lesmo. è una camera bassa di grande effetto , con un’ottica lunga (55x) che consente di vedere persino il disco dei freni infuocato; ne è risultata un’immagine fortemente connotata, adatta agli effetti spettacolari, ma di scarsa valenza informativa. Da questa telecamera è impossibile capire come Frentzen abbia tamponato Barrichello in staccata.
La seconda telecamera svolge una funzione esattamente opposta. è un’ottica larga (18x) collocata su una testata CAMS di un braccio di 12 metri; il suo compito, essendo alta e potendo seguire, è quello di prendere le auto in staccata e condurle fuori dalla variante. La terza camera, bassa e con ottica 55x è situata all’uscita dalla variante in modo tale da poterne vedere i cordoli.
Sembrerebbe un sistema senza rischi, una rete a maglie strette da cui nessuna ruota dovrebbe scappare. Infatti le nostre “imperfette immagini” sono le uniche che documentano l’intera dinamica dell’incidente; anche la FOA ha dovuto ricorrere a quelle Rai.

Ma la ruota, comunque, non l’avevamo…

Già. Quell’immagine non c’è perché la prima telecamera – restata correttamente sulla staccata (come da istruzioni ricevute), senza panoramicare – non ha percepito il volo della ruota al di fuori del campo di ripresa.

Certo non si possono seguire tutti i frammenti, soprattutto quando l’incidente è di tali proporzioni; e poi il fatto che l’operatore sia rimasto fermo ha permesso di vedere De La Rosa piombare da dietro, nel polverone…

Ancora: la seconda telecamera, che doveva documentare dall’alto il passaggio, ha ovviamente seguito i primi in panoramica, proprio perché la prima camera restava ferma. La terza era stata prevista per vedere la chicane, mentre l’incidente è avvenuto prima, all’ingresso: a quel punto ha potuto riprendere soltanto le conseguenze dello stesso.

Questo significa che neanche con tre camere in 70 metri possiamo essere sicuri al 100% di avere tutto…

Si, è così, e per una ragione: perché le inquadrature che sono in grado  “geograficamente” di coprire tutto, si giocano sul tempo oltre che sullo spazio. Voglio spiegarmi: se avessimo tante telecamere alte e fisse sulla pista, sicuramente in diretta o sui replay non perderemmo assolutamente nulla. Sarebbe una sorta di TV a circuito chiuso, peraltro già esistente in ogni autodromo e utilizzata dai commissari e dagli addetti alla pista per ragioni di controllo e sicurezza. Un circuito chiuso del tutto simile a quello che ognuno di noi può avere nel proprio condominio per controllare portoni e scale.

E perché non pensiamo a questo, visto che l’informazione sarebbe più chiara?

Perché sarebbe inaccettabile per il telespettatore, il quale pretende che la telecamera segua per lui quello che lui stesso vorrebbe vedere. In sostanza, se una camera fissa permette di vedere chiaramente le traiettorie di Schumacher alla Prima di Lesmo, impedisce  però di seguirlo con gli occhi: proprio ciò che invece si ottiene con una panoramica. Quello stesso telespettatore deve sapere allora che, quando saremo in uscita di curva seguendo Schumacher in panoramica, sarà impossibile vedere (almeno in diretta) Hakkinen che in ingresso va fuori pista. Per quanti sforzi io faccia  moltiplicando telecamere e replay; per quanto correttamente una telecamera rimanga sulla staccata, la seconda accompagni i primi in chicane, la terza controlli i cordoli, una ruota può uscire dal campo di ripresa, per cui non rimane che documentarne le conseguenze: un tentativo di rianimazione e un lenzuolo bianco.

Quindi è stato un punto di vista casuale e non convenzionale ad assicurare l’unica immagine chiara della disgrazia…

Devo però chiederti a questo punto quanto quella telecamera amatoriale ha perso dell’intero Gran Premio.

Probabilmente ha documentato solo questo episodio e comunque ha ripreso solo quella porzione di pista. Del resto la storia della TV è piena di queste immagini-verità: da Kennedy ad Ali Agca. Noi però abbiamo percorso metro per metro la pista per mettere a punto l’impianto…

Che ha funzionato, come sempre, per la cronaca visiva dei fatti più importanti e in qualche modo prevedibili di un Gran Premio. Sicuramente abbiamo visto i primi, i duelli, gli incidenti “in pista” (molte volte in diretta), i salti di chicane (e anche questi molte volte in diretta), i sorpassi dei comprimari, tutti in diretta; tutto quanto di importante è successo ai box. Abbiamo valutato stili di guida e qualità meccaniche delle vetture, descrivendo traiettorie e modi di affrontare i cordoli. Abbiamo visto in rallenty i momenti più significativi sfuggiti alla diretta. Molto, moltissimo, ma non tutto! Come avviene in qualsiasi cronaca.

Quindi la complessità della regia è nel cogliere il fatto rilevante nella contemporaneità dei fatti.

Certo, e si può ottenere gestendo, nella stessa regia, più sistemi di ripresa. Noi ne abbiamo contemporaneamente almeno cinque. Un primo regista segue il protagonista del momento e lo manda in onda. Lo spettatore non può sapere che nello stesso istante un secondo regista sta seguendo “di servizio” una situazione contemporanea alla prima e non visualizzata. Un terzo regista gestisce le riprese dall’alto – l’elicottero con la Wescam – e le microcamere a bordo delle auto: quindi altre due possibili situazioni contemporanee alla prima. Un quarto regista sta documentando le attività rilevanti ai box. Il quinto tiene sotto controllo la registrazione di tutte le telecamere, pronto a ripresentarle in replay. Una sesta fonte di informazioni, qualche volta fin troppo invadente, è costituita da tempi e classifiche (la grafica) di produzione FOA.

Se la presenti in questi termini, sembra una condizione di lavoro caotica…

Quattro o cinque persone che parlano contemporaneamente seguendo ciascuno un proprio obiettivo e sovrapponendosi, potrebbero far credere ad un “esterno” di star producendo una gran confusione. Ma è tutt’altro invece… è un ordinato processo di scrittura televisiva in diretta.

E comunque a volte capita di vedere gare non chiare da un passaggio all’altro, una vera e propria marmellata.

Si evita questo errore con la gestione di questo sistema complesso. Lo spettatore a casa vuol vedere una sola regia. Ma io, dal mio posto, devo dirvi che procedo per sottrazione: mandando in onda un’immagine, ne sto escludendo altre trenta… e spero che sia la migliore.

Oggi però sulla pay-per-view, Telepiù offre la possibilità di farsi la propria regia fornendo segnali separati…

L’offerta della pay-per-view è destinata ad un pubblico di nicchia e so perfettamente quanto questi pubblici siano importanti ed esigenti, e quanto sarà importante nel futuro per la TV interattiva. Non credo però che l’offerta possa interessare il pubblico dei grandi numeri…Ma poi non è vero che la somma dei cinque canali della pay costituisca di per sé una regia finale opera dell’abbonato. Mi piacerebbe comparare i due risultati. Il nostro lavoro di sintesi non perde mai di vista la molteplicità dei tanti fatti isolati, grazie soprattutto alle comunicazioni tra le varie regie. Non solo: sono le immagini dei cameramen in pista a fornirci le informazioni prime su quanto accade e nessuna pay-per-view può offrire quei mille stacchi.
La nostra rete ha preso mille pesciolini, ma non tutti quelli del mare.
 

Giancarlo TOMASSETTI

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