Sistemi
di ritardo, videodischi e microcamere: ecco come, oltre ai muscoli
e al sudore che ne fanno uno degli sport più tradizionali che ci
siano, cambia il ciclismo, perlomeno sullo schermo dei nostri televisori.
Una leggera sfocata, e siamo in tanti lì, a giocarci tutto; noi della
TV due ore di diretta, i ciclisti sei ore di sudore; il pubblico che
urla e preme sulle transenne, invece, si diverte e basta. Sara anche
il bello della faccenda, ma in quegli attimi finali e spietati della
dirittura d'arrivo -in media 90 secondi - si consacrano e/o si vanificano
fatiche del tutto diverse. Certamente stridenti, se accostate.
Eppure il Ciclismo, storia di campioni schivi e di semplici faticatori,
è uno sport "televisivo" in senso assoluto, e il
sodalizio tra i due mondi è uno del più riusciti: grazie ai
mezzi del Regno dell'Effimero (telecamere poste su moto ed elicotteri,
ponti radio e terminali satellite per trasferire i segnali anche da
zone impervie e deserte), gli abbordaggi del Pirata, le sue smorfie
e i suoi scatti altrimenti solitari, ci hanno raggiunto ovunque fosse
presente un televisore. Ma è altrettanto vero che la Televisione,
si consacra e si esalta proprio riuscendo a farci vedere Pantani sul
Mortirolo che straccia Zulle e Tonkov e rendendoci partecipi, per
tutta la corsa, di quella fatica che, chi assiste al margine della
strada, può solo intuire nell'intensa brevità di un passaggio.
Del resto, lo sviluppo tecnologico ha modificato anche il concetto
di spazio/tempo televisivo: Tempo dell'Evento e della Narrazione coincidono
sempre più, fondendo il punto di vista del telespettatore con quello
dell'atleta in maniera del tutto "naturale", ovvero, semplicemente
guardando.
Cosi, quando il crescendo della folla sospinge i ciclisti all'arrivo,
forse non tutti sanno che, fino a quel momento, la corsa è
stata ripresa con un complesso sistema che vede schierata una piccola
armata di cielo e di terra: 8 moto, 4 elicotteri, e un numero variabile
di mezzi lungo il percorso, che durante i 60/70 km delta copertura
in diretta della tappa, ricevono e ritrasmettono i segnali ai pullman
che sono posti al traguardo. Da queste 2 regie, una per il programma
internazionale e l'altra per quello personalizzato italiano, tramite
interfonico si coordinano le posizioni delle moto e degli elicotteri
per la messa in onda. Ma in questa fase, motociclisti e operatori,
oltre che dagli ordini dei registi, devono essere guidati soprattutto
dalla propria esperienza e dal buon senso. Durante la corsa infatti,
(oltre alle avarie che possono interrompere le comunicazioni), ci
sono del momenti in cui la decisione di cosa fare è affidata
al singolo autonomo giudizio: defilarsi durante le picchiate vertiginose
in cui i ciclisti toccano i 70 km/h, capire quando il gruppo si sta
sgranando ed evitare di rimanere "imbottigliati" costituendo
un ostacolo pericoloso, o semplicemente mantenere una posizione che
non crei Ia "scia" favorendo gli atleti, i quali sono abilissimi
ad accodarsi specialmente in salita.
Grande sensibilità, quindi, per la sicurezza ma soprattutto per le
immagini: devono essere chiare per la comprensione della situazione
tattica, ma anche emozionanti; e se l'operatore sull'elicottero ci
mostra il lavoro dei gregari che scortano i loro capitani, le moto
ne inquadrano i volti sotto sforzo e ce ne fanno sentire urla e incitamenti
attraverso i microfoni. A questo proposito, devo dire che, se una
buona ripresa audio aggiunge calore e vita al nostro lavoro, ogni
tanto può comportare qualche problema... Posso citare, per tutti,
un esempio molto recente che risale alla Tlrreno-Adriatico del marzo
scorso. Il gruppo, ad un bivio sbaglia strada finendo, dopo
3 chilometri, nell'aia di una perplessa signora ottantenne trascinandosi
dietro anche tutte le auto ammiraglie: un ingorgo da ora di punta
in una strada di campagna. Problematica inversione di marcia, grandi
risate di alcuni, ma anche imprecazioni di altri, tra cui il leader
della corsa, che per questo errore perse tappa, maglia, e successo
finale.
Videodischi
& microcamere
Fin qui, comunque, dal punto di vista tecnico nessuna novità
di rilievo per un modello di ripresa messo a punto già dai francesi
negli anni '80, con 3 moto e una Wescam, e che Mediaset ha avuto poi
il merito di "importare" in Italia. I mezzi in corsa sono
ormai in numero sufficiente ad assicurare una copertura per ogni situazione
di gara: gruppo compatto, fuga isolata, corsa che si sgrana in numerosi
drappelli. Le moto si spostano, risalendo o rallentando, con l'unico
ma fondamentale accorgimento di averle sempre sotto il cono della
ricezione di uno dei due elicotteri ponte. Problemi particolari possono
sorgere solo quando la distanza tra i vari gruppi di ciclisti supera
i tre chilometri: in questo caso i mezzi si vengono a trovare oltre
i 60-80 gradi entro i quali è possibile riceverli contemporaneamente
da ogni singolo ponte. In una situazione del genere, bisogna, di volta
in volta, scegliere chi seguire (sperando che non succeda nulla di
importante da qualche altra parte), e facendo fare avanti e indietro
agli elicotteri ponte per recuperare i segnali lungo la corsa.
I nostri sforzi, comunque, non ci mettono ai riparo da tutta una serie
di problemi che la trasmissione in movimento presenta, e che sono
riassumibili, dal punto di vista dello spettatore, nello "scroscio":
sia che il maltempo imperversi e che di conseguenza gli elicotteri
non riescano a raggiungere la quota auspicata di 1.000 metri, sia
che le moto si trovino sotto gli alberi o che interferenze presenti
nella giungla italiana dell'etere disturbino i segnali, da casa si
vedrà sempre e soltanto uno "scroscio" rovinare ogni
momento decisivo. Dico questo, non tanto per entrare nello specifico,
ma per introdurre la prima delle due vere innovazioni del Giro di
quest'anno: il sistema di ritardo.
L'idea è semplice, e la novità consiste nell'utilizzo differente
dei videodischi, normalmente impiegati solo per i replay. La caratteristica
di queste macchine digitali e' quella di poter registrare senza soluzione
di continuità. Non ci sono nastri che terminano e che devono
essere cambiati al volo, non ci sono problemi legati alla qualità
dei supporti: i videodischi sono lo strumento perfetto per un bluff
dalle buone intenzioni, allorché, facendovi transitare i segnali
provenienti da moto ed elicottero da ripresa, si ritardano di 2 secondi.
In onda, quindi, non andranno più i segnali diretti, ma quelli differiti,
evitando di farsi cogliere di sorpresa dal tanto odiato "scroscio",
e consentendo un regia più pulita. Va da sé, che questo sistema
dovrà essere abbandonato poco prima dell'arrivo, ovvero prima
dell'entrata in funzione delle telecamere fisse, per evitare una fastidiosa
sensazione di deja vu. Basterà passare su un'inquadratura molto larga
o "neutra" per annullare il problema della sincronia tra
le immagini data dai 2 secondi di ritardo, ed il gioco sarà fatto:
da quel momento in poi, sarà di nuovo diretta.
La seconda novità, invece, ci riporta in qualche modo all'inizio
del discorso. Le microcamere, montate sulle biciclette dei ciclisti,
contribuiranno ad aumentare il livello emotivo di partecipazione durante
la corsa, attraverso le "soggettive" degli atleti.
Per la verità, non si tratta di un fatto inedito.
Già lo scorso
anno furono sperimentate, ma il loro utilizzo venne limitato anche
dalle enormi problematiche che, per Ia prima volta, dovettero essere
affrontate: peso dei sistemi, posizione, difficoltà a coniugare le
esigenze organizzative delle squadre e dei tecnici addetti al montaggio
dei microsistemi. Tuttavia, durante Ia tappa di Lecce, sprintammo
tutti vittoriosamente con un Mario Cipollini irresistibile. Questo
fu molto importante, perché dimostrò che le microcamere non
costituivano un ostacolo per l'atleta, e permise di poterne pianificare
l'utilizzo in maniera sistematica. Lo schema per il prossimo Giro,
dunque, prevede 4 microcamere in corsa fin dalla partenza ricevute
da un elicottero (il quarto) appositamente dedicato e attrezzato con
antenne speciali per ricevere potenze relativamente basse (400 milliwatt
contro i 10 watt delle moto). Le posizioni di queste microcamere varieranno
a seconda dei ciclisti e delle caratteristiche del percorso. Per fare
un esempio, se sarà un gregario ad averla, la microcamera sarà alloggiata
nella parte posteriore del sellino per mostrarci l'azione del capitano;
sarà invece frontale se l'atleta è uno sprinter, o se la tappa
presenta una discesa da vertigine.
Novità nella novità, poi, è stato costruito un sistema ancora
più leggero e compatto (in pratica una scatola da posizionare sul
manubrio), che dalla moto verrà consegnata al volo negli ultimi
chilometri ad uno dei corridori "strategici" per documentare
sempre la volata. Spesso, infatti, accade che i gregari che montano
i sistemi fin dalla partenza, durante la corsa, restino staccati dalla
testa essendosi "spremuti" nella prima fase della tappa.
Brutto dirlo, ma dal nostro punto di vista è tutta fatica sprecata
se, al momento della diretta, saranno troppo indietro perché
le loro immagini possano essere significative. In questo, la televisione
cinica e ingrata che ignora e non rende onore a chi ha sudato in una
fascia oraria non coperta dal palinsesto, si distacca dal senso sportivo
del ciclismo.
Ma il legame tra i due mondi è comunque ben saldo, e, come
detto, le caratteristiche di uno esaltano le possibilità dell'altro.
Il ciclismo è veramente lo sport televisivo per eccellenza,
anche più del calcio. Non soltanto perché la ripresa di una
partita ne frammenta la visione, mentre quella di una corsa ne da'
una visione unitaria; ma anche per la grande disponibilità nei confronti
del mezzo. Vi basti questo, saranno in collegamento audio/video dalle
auto ammiraglie anche i Direttori Sportivi, che sono, per fare un
paragone, gli allenatori nel calcio. Questo, tuttavia, è l'unico
accostamento che mi sento di fare. Perché? Beh, provate a intervistare
un qualsiasi tecnico durante la partita... X
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